Felden-What? (Italian)

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FELDEN … COSA?

By Lawrence Wm. Goldfarb, CFT, Ph.D.
© 1993, All Rights Reserved

E il momento stava per arrivare, quel temuto momento. Mi trovavo alla festa di compleanno del mio amico Marcello, mi stavo godendo la musica brasiliana quando uno degli altri ospiti mi coinvolse in una conversazione amichevole. Cominciammo a parlare delle solite cose, del tempo e di come avevamo conosciuto il padrone di casa. Peter aveva appena terminato di riferirmi della sua ricerca in ingegneria quando accadde.

“Che mestiere fai?”

“Sono un insegnante Feldenkrais.”

“Felden-cosa?”

“Feldenkrais. E’ un metodo di rieducazione del movimento, che prende il nome dalla persona che lo ha sviluppato: Moshe Feldenkrais.”

“Felden-Christ?” (in inglese il suono di Christ – Cristo – è molto simile a quello di krais)

“Quasi, ma non proprio. Feldenkrais: F – E – L – D – E – N – K – R – A – I – S. Fa rima con rice” (rais = riso)”.

“Feldenkrais!”

“Esattamente. Il Feldenkrais è un modo di insegnare il movimento. Lavoro con persone che soffrono di limitazioni fisiche, come dolori cronici o problemi neurologici, o con persone che vogliono migliorare le loro prestazioni, come attori, musicisti o atleti. Insegno anche dei corsi all’università nei programmi di educazione fisica.”

“Cosa insegni?”

“Generalmente i miei allievi vengono da me perché sentono una qualche specie di limitazione, qualcosa che interferisce con la loro vita quotidiana o che ostacola il loro progresso o le loro prestazioni. Il mio lavoro consiste nel capire come loro si muovono e come questo è in relazione col problema che loro sentono di avere, e come possono imparare a muoversi diversamente cosicché quel problema cessi!”

“Sembra interessante. E una specie di esercizio? 0 mostri alla gente come correggere la loro postura?”

”Beh, non è facile rispondere, principalmente perché ciò che insegno e come lo insegno e abbastanza diverso dall’esercizio o dalla postura. Questi ultimi sono entrambi basati su presupposti simili: se sei debole, allora devi fare esercizio per rinforzare i tuoi muscoli. Se, d’altro canto, pensi che la causa del tuo problema sia la cattiva postura, allora devi correggerla per poter stare in piedi dritto. Entrambi partono dal presupposto che il corpo sia qualcosa che debba essere plasmato, rimodellato, messo al posto giusto. Nessuno di questi due, esercizio e postura, ci dà la possibilità di vedere che ciò che stiamo facendo potrebbe contribuire al problema che stiamo affrontando. Nessuno dei due approcci guarda al modo in cui ci muoviamo e come ciò possa essere in relazione col problema che sperimentiamo.”

“Stai dicendo che non si dovrebbe fare esercizio?”

“No, non sto dicendo questo. Sto dicendo che il solo esercizio non è sufficiente. L’idea che sta dietro l’esercizio è che noi non siamo forti abbastanza, che i nostri muscoli devono essere in migliori condizioni. Perciò un programma di esercizi è designato per incrementare la capacità di lavoro dei muscoli. Io penso che questo sia spesso un punto di vista che dà luogo a fraintendimenti, poiché i problemi di cui io mi occupo, – dolori cronici, difficoltà neurologiche, impedimenti nelle prestazioni – non hanno nulla a che fare con la forza che possediamo, tutti quei problemi devono avere a che fare con il modo in cui ci muoviamo in generale. Ritengo che si possa dire: sono interessato a insegnare alla gente a muoversi più intelligentemente, e non con più forza!’

“Stai dicendo che il movimento può causare problemi?”

“Sì, proprio così. Il modo in cui ti muovi può causare problemi. E ciò che è più interessante è che possiamo essere del tutto inconsapevoli che il movimento è alla radice del problema.”

“Cosa intendi per essere inconsapevole che il movimento è la causa del problema?”

“La maggior parte di noi è inconsapevole del modo in cui si muove. Noi prestiamo attenzione a dove stiamo andando o a ciò che stiamo facendo, non a come ci muoviamo. Per esempio: pensa a come ti metti in piedi da seduto. Come lo fai? Cosa accade? Cosa si muove e quando?”

Peter si alza e si rimette a sedere alcune volte, e dice: “Capisco cosa vuoi dire. E’ più complicato di quello che pensavo. Abitualmente penso di alzarmi e quindi, la cosa che so successivamente è che sono in piedi. Credo di non averci mai pensato molto prima.”

“Questo è ciò che intendevo. La maggior parte di noi non pensa al proprio corpo fino a quando non sente dolore o qualche tipo di problema. Ma questo significa che probabilmente ci siamo mossi in un modo inefficiente o pericoloso per un lungo periodo di tempo sino al momento in cui notiamo che qualcosa va storto. Questo è un campo dove il detto ‘se funziona non aggiustarlo’ non si può applicare.”

“Ma perché e così? Perché non lo notiamo?”

“Perché i nostri movimenti diventano abituali, automatici. Noi ripetiamo continuamente gli stessi movimenti senza pensarci o notarli. Quando qualcosa accade ripetutamente si distacca dalla nostra coscienza. Questo non è necessariamente un male, è parte del processo di apprendimento.”

“Questo significa che noi impariamo a muoverci in modi inefficienti?”

“Si”.

“Perché?”

“Beh, perché noi ci muoviamo bene proporzionalmente a quanto e come abbiamo imparato a muoverci, e l’apprendimento dei movimento è molto casuale. Ci sono molte cose che influenzano come ci muoviamo: lo sviluppo infantile, l’adattamento a lesioni subite, le richieste di attività specializzate in cui siamo impegnati (come sport, strumenti musicali o tipi di lavori che richiedono movimenti specifici). E infine, siccome noi non comprendiamo realmente come si muovono i nostri corpi, spesso ci muoviamo in modi che non si confanno al modo in cui siamo costruiti.”

“Puoi farmi un esempio?”

“Certamente. Le persone pensano che il loro corpo faccia perno nella zona della vita e si muovono come se fosse così. Sfortunatamente la zona lombare non permette questo tipo di movimento; è la struttura dell’articolazione delle anche che permette al tronco di farlo. I muscoli della schiena non sono progettati per farlo.”

“Capisco. Muoversi come se la schiena potesse incernierarsi alla linea della vita può condurre a distorsioni e dolori di schiena.”

“Proprio così, hai capito bene. Ma, comunque, questa discussione e già durata abbastanza a lungo e non voglio farti perdere altro tempo. Mi dispiace ma ho la tendenza a dilungarmi troppo quando parlo del mio lavoro.”

“Niente affatto, tutto ciò è molto interessante. E’ sicuramente meglio di tutte le chiacchiere che si fanno alle feste. Mia madre ha un dolore cronico alla schiena da anni, così sono curioso del tuo lavoro. Stavo per chiederti cosa potresti fare per lei.”

“Non è facile da dire, perché dovrei vedere come lei si muove!”

“Puoi dirmi cosa fai generalmente quando inizi a lavorare con qualcuno?”

“Sì, posso descrivere cosa accadrebbe se lei venisse a trovarmi. Incomincerei guardando come si muove, chiedendole di girarsi a destra e sinistra, di piegarsi in avanti, indietro e di lato. La toccherei per sentire quali muscoli lavorano, quali non sono impegnati, e quelli che non lasciano la presa. Cercherei qualche specie di abitudine o schema che interferisce con altri movimenti.”

“Qua mi perdo. Cosa intendi nel dire che ‘uno schema che interferisce con altri movimenti’?”

“Ciò che voglio dire con questo è che spesso sembra come se le persone si siano bloccate nel fare un movimento, o nell’organizzare se stesse, inconsapevolmente, in un certo modo. Per esempio, se ti fai male ad una gamba cambi il tuo modo di camminare e incominci a zoppicare. Il zoppicare può essere appropriato immediatamente dopo la lesione, ma può durare molto più a lungo della lesione stessa. Spesso continua più di quanto è necessario, può condurre direttamente al dolore, rigidità e altri problemi. Ma questo è solo un esempio, noi possiamo “zoppicare” con una spalla, col collo, o con la schiena. In realtà noi non abbiamo bisogno di farci male per sviluppare questa specie di movimento. Possiamo acquisire un’abitudine analoga suonando uno strumento musicale, ripetendo certi movimenti nel lavoro tutti i santi giorni, giocando certi tipi di sport, e così via. Il punto è che noi sviluppiamo uno schema motorio nel quale poi restiamo bloccati, un modello che sta alla radice di ogni nostro movimento, e che interferisce con tutte le attività che vanno in senso contrario!”

“Continua.”

“Per esempio, recentemente stavo lavorando con un’autista di autobus che aveva un dolore di schiena ricorrente. Quando ho visto i suoi movimenti mi è parso chiaro che i muscoli della parte inferiore del tronco erano cronicamente contratti e la sua zona lombare era serrata rigidamente. Anche quando lei cercava di stirarsi non riusciva a lasciar andare la sua zona lombare. Era come se avesse perso il controllo di quei muscoli. Lei riteneva che la sua schiena dovesse stare dritta, così dopo i suoi primi sintomi di mal di schiena, molti anni prima, aveva imparato a mantenere la sua schiena piatta. Quando muoveva il tronco sovraffaticava i muscoli della parte superiore della schiena, cosicché questi avevano incominciato a dolere continuamente. Sebbene il medico non le trovasse nessun disturbo, l’autista pensava tuttavia che ci fosse qualcosa di sbagliato nella sua colonna vertebrale. Potei aiutarla facendole vedere che erano i suoi movimenti che causavano il problema.”

“Una volta che lei si è resa conto di questo, ha potuto cambiare il suo modo di agire?”

“Non immediatamente. Vedi, nel corso degli anni lei aveva perso il contatto con ciò che quei muscoli stavano facendo. Era come se lei avesse messo il pilota automatico e avesse dimenticato come recuperare il controllo manuale.”

“Allora, cosa faresti a questo proposito? Penso che debba essere incredibilmente frustrante comprendere la causa del problema e non essere in grado di farci nulla.”

” Questo è il punto in cui entra in gioco il metodo. Ci sono due modi con i quali io lavoro con le persone: lezioni pratiche individuali e lezioni di gruppo. Entrambe le modalità di lavoro sono basate sull’idea di insegnare alle persone ad essere consapevoli del modo in cui si muovono, di come potrebbero muoversi, e incrementare la loro possibilità di scelta e comodità. Durante la lezione di gruppo, guido le persone con la voce ad eseguire una sequenza di movimenti dolci; durante la lezione individuale uso le mie mani per creare dei movimenti nello studente.”

“Fa male?”

“Per niente. Il Feldenkrais è una pratica gentile. L’idea di base è che i cambiamenti saranno più facili se i nuovi movimenti insegnati sono più comodi di quelli vecchi. C’è un motto che mi piace ripetere: “nessun dolore, maggior guadagno”. (“No pain, more gain “fa rima. Il detto in inglese in realtà dice: “No pain, no gain”, Niente risultati senza sudare!)”

“E’ qualcosa come i massaggi o la chiropratica?”

“Non esattamente. La cosa comune è che tocchiamo le persone, ma al di là di questo sono molto diversi. Nel massaggio, il praticante lavora direttamente con i muscoli, nella chiropratica con le ossa. Il Feldenkrais consiste nel lavorare con la nostra abilità di regolare e coordinare i movimenti, che significa che il Feldenkrais lavora con il sistema nervoso.”

“Cosa vuoi dire?”

“Ricordi l’autista che ti ho citato prima? I suoi muscoli erano tesi perché il suo sistema nervoso stava dicendo loro di contrarsi. Essi non hanno deciso di contrarsi di propria iniziativa, i muscoli non hanno una volontà propria. Il cervello dice loro cosa fare. Così il mio lavoro è aiutare le persone a imparare a controllare nuovamente i loro muscoli. E lo faccio attraverso movimenti guidati molto dolci, restando sempre entro limiti d’ampiezza confortevoli.”

“Fantastico. Pensi veramente che la gente possa cambiare senza avere dolore?”

“Assolutamente. Questa è una delle ragioni per cui amo il lavoro che faccio.”

“Ma aspetta, mia madre ha dei problemi nei dischi intervertebrali. Il Feldenkrais può curarla?”

“Il Feldenkrais non si occupa di curare o aggiustare le persone. Non è un trattamento medico, è un approccio di tipo educativo. Consiste nell’aiutare le persone a assumere di nuovo il controllo della loro vita comprendendo perché si sentono come si sentono, e imparando a muoversi diversamente in modo che non devono continuare a sentirsi in quel modo. Anche quando qualcuno ha un disturbo organico, sono in grado di aiutarlo. Per esempio, quando lavoro con persone che hanno l’artrite, il mio lavoro non consiste nel liberarle dall’artrite ma nell’aiutarle a muoversi in modo che non carichino e sollecitino troppo le articolazioni colpite, e in maniera tale che esse possano trovare modi di fare ciò che vogliono fare più confortevolmente e con maggiore sicurezza. La stessa cosa si applica ai problemi dei dischi, anche quando c’è un problema strutturale, la questione è come può la persona muoversi meglio, in modo da aumentare il suo benessere e evitare problemi futuri.”

“Oh, oh! Stanno accendendo le candeline. Ne riparliamo dopo i festeggiamenti …”

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